Vincente o perdente

Bianco o nero, bello o brutto, buono o cattivo, luce o tenebre: ricco o povero, in poche parole.
Il paradigma dominante, senza mezzi termini, è il denaro. Avere i mezzi, non importa per quale fine: l’importante è avere i mezzi. Gli averi, l’avere, l’essere per l’avere, esistere per il possesso. Perché possedere è potere. Avere la possibilità. Io posso, tu no. Io sono vincente, tu perdente, quindi sono bello, buono, bianco e luminoso. E tu, che vuoi avere una possibilità, che io ti concedo, ti concederai a me o reciterai la litania sacra in cui preghi affinché io ti dispensi quel poco di potere che ti occorre.
Questa è l’unica religione in cui tutti credono, anche chi lo nega, in un mondo fatto per pochi vincitori. La speranza è diventare ricchi, l’amore è per i soldi, la fede è nei soldi. È l’unico monoteismo mondiale reale, gli altri svaniranno. La sintesi suprema di ogni dicotomia, la soluzione unica che si regge sul dualismo manicheo più serrato. Essa scioglie dubbio e perplessità. Tutto all’interno dell’orizzonte mondano e secolare, senza alcun rinvio ad altro, una soluzione che fa rimpiangere Hegel, che almeno lasciava l’orizzonte aperto ad ogni futura realtà razionale, quale essa fosse. Ma la nostra razionalità è la ratio del calcolo, della calcolatrice, della cassa e rimanda solo al conto corrente, il nostro paradiso, la Sacra Banca del Santo Tesoro.

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